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Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Percorso della comunità parrocchiale San Fulgenzio – 2018

Percorso a San Fulgenzio

Il consiglio pastorale ha dedicato un incontro a novembre al discernimento delle malattie spirituali della comunità. A dicembre abbiamo orientato a questo discernimento il ritiro di Avvento, guidato da Stella Morra.

In quaresima abbiamo preso in esame per intero i numeri 53-60 e 76-101 di EG. Nelle prime tre domeniche di quaresima abbiamo distribuito alle messe tre fascicoletti con i numeri di EG e alcune domande. Le domeniche successive abbiamo raccolto le risposte. Hanno risposto per iscritto circa venti tra persone e famiglie.

In base alle risposte, in verità piuttosto disomogenee, abbiamo orientato il lavoro dell’assemblea comunitaria, fatta nel pomeriggio della quinta domenica di quaresima. Dopo aver pregato lo Spirito santo e un’introduzione del parroco, ci siamo divisi in gruppi di sei persone che hanno dialogato per 45 minuti sull’apertura delle relazioni e sulla proiezione missionaria della comunità, seguendo le domande di una traccia di lavoro. I gruppi hanno poi relazionato in assemblea e c’è stato ancora la possibilità di alcuni interventi.

La liturgia penitenziale di quaresima ha raccolto i due motivi prevalenti di revisione.

Il lavoro fatto finora non ha permesso di maturare una lettura condivisa della situazione. Anzi questo lavoro ha suscitato (o rivelato) una certa tensione nella comunità. Confrontarsi e capire quello che si vuole dire in tante persone richiede tempi lunghi e il percorso fatto non ha portato ancora un frutto maturo a San Fulgenzio.

Quanto segue è una sintesi del lavoro fatto dall’assemblea parrocchiale domenica 18 marzo 2018 

Quanto alle relazioni

diagnosi

Il legame forte e fraterno che unisce alcune persone che vivono la vita comunitaria da più tempo, l’appartenenza ad uno dei gruppi possono essere motivi di difficoltà ad integrarsi per persone che si affacciano alla parrocchia e non fanno parte di gruppi.

Ci sono alcune caratteristiche della comunità, che per alcuni possono risultare escludenti: il livello culturale della comunicazione, il tenore di vita, la caratterizzazione identitaria (a volte volerla tutelare si traduce in un arroccamento autoreferenziale). Ci sono conseguenze ambivalenti: da una parte la ricerca di una coerenza evangelica, di uno stile sobrio, dell’incitamento reciproco a <<salvarsi da questo mondo-o dal resto della chiesa che non sembra all’altezza del Vangelo>>, dall’altra la possibilità che dietro questo obiettivo si celino purità identitarie che escludono i ‘diversi’, crogiolandosi nel <<stiamo così bene tra noi>>.

Il piccolo numero di giovani presenti nelle celebrazioni e nella vita comunitaria ci interroga da qualche tempo. Ci chiediamo: siamo una comunità a misura dei giovani?

Nonostante l’attenzione che le si presta la comunicazione all’interno della comunità e verso l’esterno è da curare maggiormente.

La partecipazione alla liturgia per una parte di noi ha un accento prevalente sulla persona e lascia in ombra la dimensione comunitaria.

terapie

L’ascolto di Dio e l’ascolto degli altri è una strada da seguire.

Andare oltre l’accoglienza,  verso l’integrazione.

Sviluppare i rapporti con le comunità parrocchiali che operano sul territorio.

Quanto al servizio del regno di Dio 

diagnosi

Rischio di intendere la vita della comunità come risposta ai propri bisogni e perdere di vista la missione che Dio ci affida.

C’è più consapevolezza della missione individuale, meno della missione che ci coinvolge come comunità. Non si percepisce l’agire come un corpo unico.

terapie

E’ da chiarire cosa significa per noi qui e ora servire il regno di Dio.

Esercitarci nell’ascolto di Dio che parla nella realtà.

Maggiore attenzione ai bisogni del territorio e ai segnali dell’agire di Dio.

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